Leasing traslativo: una recente ordinanza della Corte di Cassazione

Si segnala la recente ordinanza della Cassazione (meritevole di integrale lettura), secondo cui, in tema di leasing traslativo, per il caso di risoluzione del contratto per inadempimento dell'utilizzatore, è valida ed efficace:

  1. sia la clausola che attribuisca al concedente il diritto al pagamento dei canoni scaduti e di quelli futuri attualizzati al momento della risoluzione;
  2. sia quella che gli attribuisca la facoltà di determinare unilateralmente il valore del bene oggetto del contratto al fine di detrarlo, previa eventuale vendita dello stesso, dal credito vantato verso l’utilizzatore.

Questa clausola (cd. patto di deduzione) deve peraltro essere interpretata ed eseguita secondo correttezza e buona fede, cosicché, nell'ipotesi in cui, al momento dell'esazione del credito risarcitorio o restitutorio, il bene non sia stato ancora venduto, il concedente dovrà portarne in diffalco il valore commerciale, palesando il criterio adottato per individuarne il valore equo di mercato in caso di contestazione della stima da parte dell'utilizzatore, che avrà l'onere di provarne l'erroneità, mentre, nella contraria ipotesi in cui il bene sia stato già rivenduto, oggetto del diffalco sarà il ricavato della vendita, salva la riduzione del risarcimento, ai sensi dell'art.1227, comma 2, c.c., nel caso di vendita a prezzo vile per negligenza del concedente;

  1. in tema di penale nel leasing traslativo,  la Corte ha stabilito che il criterio da adottare per valutare l'eccessività del quantum previsto da una clausola penale consiste nello stabilire se, per effetto di essa, la parte non inadempiente possa conseguire un vantaggio addirittura superiore a quello che le sarebbe derivato dalla puntuale esecuzione del contratto.

La sentenza si pone quindi nel solco delle Sezioni Unite del gennaio scorso (2061/2021).